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6 giugno 1944: il più grande sbarco della storia

di Marco Innocenti

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6 giugno 2009

Agli americani piace esagerare. Per l'operazione Overlord, l'attacco alla Fortezza Europa, gli Alleati mettono in campo la più grande forza da sbarco della storia: 155mila uomini per la prima ondata, 12mila aerei, 1.200 navi da guerra, 4.120 mezzi da sbarco con 950 carri armati. E' l'Invincibile Armata che viene dal mare.

Obiettivo: le spiagge della Normandia. Cinque i punti di sbarco, cinque spiagge sabbiose su un fronte di 60 chilometri davanti a Caen: in codice Omaha, Utah, Sword, Juno e Gold. Di fronte hanno 50mila tedeschi, con 890 aerei, 21 navi, 127 carri armati, i pali piantati nella sabbia e i bunker del Vallo atlantico, quelli che Rommel giudica insufficienti e Hitler insuperabili. "Lo sbarco si giocherà sulla spiaggia _ aveva detto il maresciallo tedesco _ nel giorno più lungo della guerra". E' il giorno più lungo è il 6 giugno 1944, quello che gli americani chiamano il D-Day, dove D sta per decision, il giorno della decisione.

Alle 5,50 le corazzate della flotta alleata aprono il fuoco. La nebbia caliginosa che si alza dal mare, i fumi oleosi degli incendi, gli scoppi silenziosi della contraerea, la costa bombardata a tappeto che si illumina di mille fuochi: nella foschia il litorale pare una striscia color porpora, degna di ispirare Van Gogh. Improvvisa, l'armata si presenta davanti alla costa. Le sagome nere delle navi si stendono a perdita d'occhio. Nugoli di bombardieri americani, simili a sciami di api, martellano i bunker tedeschi. Se si alzano gli occhi si vedono più aeroplani che pezzi di cielo. Alle 6,31 i primi soldati toccano terra. Migliaia di ragazzi del Kansas, dell'Oregon, del Québec, del Lancashire, di Varsavia, di mezzo mondo vanno a morire sul suolo francese. Li accompagnano le parole di Eisenhower, il loro comandante: "Gli occhi del mondo sono puntati su di voi".

I mezzi da sbarco vomitano uomini, cannoni, carri armati, autoblinde come dal cappello di un prestigiatore. Le batterie costiere tedesche sono sommerse dai tiri dei grossi calibri navali. Sembra un film: il mare infuriato, le rapide vampate dei cannoni che lo illuminano come una scarica di flash, le scie rosse dei traccianti, i soldati che saltano in acqua, i carri anfibi che escono dal mare sparando, le bombe che sgretolano i bunker e riempiono le trincee di terriccio, sassi e cadaveri, le canne dei cannoni costieri contorte come pezzi di filo di ferro arrugginiti, le raffiche mortali delle mitragliatrici, la foschia acre degli spari. Ernest Hemingway, prosaicamente, scriverà: "I plotoni dei marines sono sbarcati, sembrano grossi pacchi gettati sulla spiaggia".

A Utah, Sword, Juno e Gold è un gioco da ragazzi, la resistenza tedesca è molle, senza convinzione. A Omaha Beach, invece, è violenta, rabbiosa. Gli americani sputano sangue. La Big Red One, la Prima divisione dei marines, è decimata, la Ventinovesima è in difficoltà. Fumo, rumore, grida, lamenti, corpi gettati a terra, andare avanti, avanti a ogni costo. E' un inferno. Centinaia di mitriagliatrici pesanti vuotano i caricatori dalle creste sul dolce arco di spiaggia e inchiodano i marines. I flutti che che si spezzano sulla spiaggia spumeggiano arrossati di sangue americano. A fine giornata i morti saranno duemila. Ma anche la "spiaggia insanguinata", a sera, sarà conquistata. Come dirà James Fuller, lo scrittore che sbarcò con i marines, "si andava a uccidere nazi, nient'altro. La guerra è fucili, pallottole da 5 cents l'una e morte, molta morte".

Per tutta la notte Eisenhower, nel quartier generale vicino a Brighton, ha camminato nervosamente, bevendo caffè. Quando arrivano i primi rapporti, la tensione si allenta, il viso si illumina: Overlord sta andando in porto. Montgomery sta per partire per la Francia a raccogliere la sua fetta di gloria. A mezzogiorno Churchill annuncia ai Comuni: "Tutto si svolge secondo i piani". Alla stessa ora Hitler si sveglia a Berteschgaden. "Vengono a farsi divorare dal Grande Lupo", dice con cadenza austriaca e tutti scoppiano in una fragorosa risata. Il Fuehrer non crede che l'attacco in Normandia sia la vera invasione.

Il suo leggendario intuito l'ha tradito. Pensa che l'attacco decisivo sarà a nord, a Calais, e non muove la Quindicesima armata. "Se fosse entrata in campo _ dirà più tardi Eisenhower _ non so come sarebbe andata a finire". Pochi minuti e il cielo di Normandia si apre al sole e ai caccia alleati. Hitler non muove i suoi panzer. "Ike" ha vinto la scommessa, il Terzo Reich ha perso la partita. Alla sera gli Alleati tengono saldamente le teste di ponte. In poche ore hanno avuto 2.500 morti. Il bollettino delle forze armate tedesche annuncia: "La notte scorsa il nemico ha sferrato la sua offensiva. Combattimenti accaniti sono in corso su tutto il fronte". E' l'ammissione della sconfitta. Il giorno più lungo si è giocato sulle spiagge e Rommel si è trovato in mano solo il due di picche.

Dal D-Day sono passati 65 anni e per i piccoli normanni quelle spiagge significano solo palette e secchielli. Di quei giorni sono rimasti immagini, reliquie, relitti e ricordi. Le fotografie di Robert Capa, i racconti di Hemingway e di Ryan, i soldati che avanzano tra le macerie, i bambini che si chiudono le orecchie per non sentire i cannoni, la cattedrale distrutta di Caen, la prima casa liberata dai parà, dove il proprietario li accolse con una bottiglia di champagne, il campanile della chiesa di Saint Mère Eglise, dove il soldato John Steel della Ottantaduesima aerotrasportata restò appeso con il paracadute, la Pointe du Hoc, quella della leggendaria scalata dei Rangers, che, partiti in 225, arrivarono in novanta. I relitti dei mezzi da sbarco sporcano ancora la "spiaggia della morte" di Omaha, il cimitero di Colleville-sur-Mer ospita migliaia di croci bianche allineate a perdita d'occhio in un panorama pieno di spazi e di vento, con le nuvole che si rincorrono nel cielo.

  CONTINUA ...»

6 giugno 2009
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